Poema: Razzisti all'inferno!
INIZIO
Quando di Ruby la pistola esplosa,
ebbe la vita d'Oswald perduta;
oltre gli spazi, oltre ogni cosa,
per mio mental volere fu sbattuta
quell'ombra assassinata, a precipizio,
al leggendario luogo del Giudizio.
Infine giunse l'anima dannata
presso una porta che splendeva tanto!
Dopo che l'ebbe un poco riguardata,
naturalmente, giù gli scese il pianto.
Piegò la testa, offeso chiuse l'occhio,
quel triste peccator cadde in ginocchio:
e come l'uomo che portar non puole
un peso, tante volte superiore,
si piegò allora come natura vuole,
o vai al Giudizio per la via peggiore.
La bocca forte al suolo la premeva,
'sì che paura venne tanto tosta,
a quell'anima dannata che credeva,
di stare sempre in groppa della giostra:
invano si sforzava, non poteva!
staccarsi un solo dito dalla crosta;
solo la bocca incominciò a vuotare,
quel sudiciume che lo fé dannare.
I santi e Iddio bestemmiava insieme,
quel triste peccatore senza speme.
I crini dritti come il porcospino,
quando s'appressa l'ora del periglio,
mostrava sulla testa quel tapino;
e gl'occhi tinti di color vermiglio,
terrorizzati! si mostravan fuori,
del loro rincavato nascondiglio.
Il sudore gli calava dalla fronte,
imbrattata di polve avea la faccia,
fuggente preda dalle canne pronte,
negli acquitrini della lama in caccia.
IL GIUDIZIO
Si udì una voce forte e autoritaria,
Jeova il gran giudizio rimetteva,
e l'anima che al bene era contraria,
si tormentava a quello che diceva.
« Taci, dannato! Figlio di Mammona.
Cruda espressione del tremendo Giuda;
ascolta il dire che in eterno suona,
pria che l'inferno dentro ti rinchiuda.
Nel più tremendo cerchio te ne andrai,
perché perseguitasti quella gente,
che con diversa pelle colorai.
Tira il respiro il mondo, finalmente,
perché lo liberai dell'uccisore
di Kennedy, il cristiano presidente.
Alla tua razza, tu, gli fai onore,
maestra nella ria discriminazione,
da prima lo provarono il dolore,
le originarie razze dell'Unione,
il vostro verbo, certo, non è amore.
poi il vostro odio in continuazione,
si volse a quella gente di colore,
la qual razziata, con l'imbarcazione
la portaste nei campi di cotone.
Tant'era cruda la loro posizione,
sempre in catene, sempre scudisciate!
Li martoriaste senza alcun ragione,
ed ancora oggi, ciò, continuate.
La più nefasta impresa la tua razza,
la fece contro il povero Giappone;
due ville rase al suol di tal nazione
l'atomica, la più tremenda mazza.
Giustizia volli e tua Costellazione,
raggiunse per mio merto la vittoria,
ma le stremate facce di limone
cancellaste! E la terrena storia
condannerà la vostra vile azione.
Il più infamante mondo t'appartiene,
ed appartiene pure a tua nazione,
e verrà il male al posto del gran bene.
E questo, che già basta in perdizione,
a voi non basta, sì che mille pene
voi date, miserabili persone,
chi vuol tutta la gente a paragone.
Colui che fu secondo solamente,
al grande ucciso della città texana,
non elevò già tutta quella gente,
che il suo colore ve la rende strana?
Togliendola dai campi di cotone,
vi rese tutte a simili persone.
Ma cadde Lincoln e cadde pure il primo,
perché voi siete falsi come il limo,
Ma verrà il tempo, non è tarda l'ora,
che arderà nel fuoco Baltimora,
New York, Chicago e altre ancora,
e arderanno le città nomate,
per mano delle razze che voi odiate.
Vattene, giù! Nel disperato loco.
Vattene, giù! Nel miserando inferno.
dove non cessa il pianto e pure il fuoco,
perché li volli eterni, nell'eterno!! »
Qui tacque la voce senza appello.
Quell'alma dal peccato deformata,
doveva alzarsi e andare a quell'ostello
di sofferenza, per la sua picchiata.
E già a fare questo s'appressava,
quando udì il mazzo delle chiavi
che, di là della porta, tintinnava.
Come il disperso, quando sulle navi
la non sperata terra, all'improvviso,
vede, urla di gioia e gli ritorna il riso;
e tale fece quella faccia sporca,
gridando e sorridendo a ugual maniera.
e quella bocca , che era tutta morca,
mosse il pensiiero all'anima sua nera.
« Pietro divino, ti supplico, ti prego,
chiedi per me all'Alta Potestà,
a te non ti farà certo diniego,
se tu chiedi per me, a Lui pietà. »
Ma il guardiano divino non rispose,
e la dannata voce rincarò la dose,
mettendo il senso delle male cose.
Si alzava oswald dalla dura crosta,
andando nell'abisso a retro salto,
perché l'inferno attende la sua posta,
se la lucente porta su nell'alto,
al paradiso non accende il passo,
o là dove la gioia è per trapasso.
Gridò l'atteso giù, dai diavolacci:
« Pietro divino, di Lui sei più intenso!
Guerreggialo, così che Lo discacci!
Fuggente Lui, ti farai d'immenso,
così che il paradiso mi procacci!
Aiutami, non vedi? Vado indietro!
Aiutami, guardiano benedetto! »
Allora gli rispose il santo Pietro:
« Vattene nell'inferno, maledetto! »